venerdì 1 agosto 2008

Capitolo 2, ovvero OS ESPANHOIS. CIVILIZAÇÃO OU SAQUINHOS?

Avevo dunque raccolto la mia baracca e miei burattini per appropinquarmi in quella che era ancora in teoria a minha casinha portuguesinha. Carico come un ciuccio mi avvio per Rua de São Bento - e per fortuna che é tutta in discesa - con la ferma volontá di prendere un taxi. Infatti é doveroso sottolineare come in Portogallo i taxi, rispetto all'Italia, sono tanti e costano poco. Dall'aereoporto, quando arrivai, presi un taxi per il centro cittá per raggiungere Alice. Dal mio sedile, all'arrivo in Cruz das Poiais, mi sembrava di aver letto 19 virgola qualcosa euro. "Diamine, costa poco, sono stato 20 minuti in taxi dall'aereoporto fino al centro, insomma, in Italia me ne avrebbero chiesti trenta di neuri...". Che babbo. Stavolta ero io. Ho pagato il taxi 9,6 €... Tassisti sappiate che se diventeró mai un politico importante in Italia vi liberalizzo e seziono uno ad uno, ladrões porcos. Tornando a rua de São Bento, mi raccoglie un taxi di un arzillo signore che mi porta perto de minha casinha. Aspetto davanti alla porta. Sono in orario, diamine, sono due giorni che continuo a imbroccare l'ora, sto diventando grande. Mario chega em atraso de 10 minudos. Poco male, portami su. Tre piani a piedi carico di bagagli: un'esperienza che non consiglio a nessuno. Adunque, entro in casa. Casa mia. A minha casinha. Non ci credo, é semplicemente... bellissimo. Isso lugar, per almeno un paio di mesi, sará casa mia. Nel momento in cui stavo per entrare nel condominio, incrocio due persone cariche di bagagli che stavano caricando una macchina. Uno si chiama in qualche modo spagnolo che in portoghese si traduce con João Pedro, Giampiero, come il mio babbo. L'altro non sapró mai come si chiama. In fondo non me ne frega niente, sono spagnoli, e la miglior cosa che auguro loro é che gli caschi la sagrada familia sul pisello, la peggiore é.. non lo dico. Salendo verso il mio andar, entro nella casa che avevo visto al mattino. Sim, gosta-me. Pongo il mio armamentario no meu quartinho intanto che converso con Mario circa la casa. Si noti: con questo Mario ho sempre solo parlato portoghese. Immaginate l'aulica conversação che abbiamo tenuto... altro che massimi sistemi. In un momento di panico totale, in cui il buon Mario non riesce ad esprimere il suo pensiero con parole che non siano cerveja, quarto ou dinheiro, quindi travalicando abbondantemente la mia capacitá di comprensione del portoghese, ecco che interviene un altro personaggio: unA terzA ex coinquilina. Si chiama Monica, e viene dal paese sbagliato. Peró ha dei lati interessanti: é alta un metro e venti, é discretamente pettoruta, ma per quanto mi riguarda fala ingles. Mario la richiama come fosse un cagnolino, arriva e traduce. "Dunque, le spese sono queste e queste, lo scaldabagno si accende cosí, attento che il bagno perde un po'...", insomma mi recita questioni pratiche molto importanti per cui mi sento di esserle grata: un po' di petto e delle informazioni in una lingua a me comprensibile valgono in fondo la provenienza dal quinto mondo. Vorrá dire che quando stermineró tutti gli espanhois ladrões per costruire la grande Lusitania, forse la salveró. Forse.
Succede che arriva il momento del pagamento. "Mario, ir a «prelevar», caixa, dinheiro", e lui capisce al volo. Prelevo, il mio amico bancoposta sostiene che non posso prelevare piú di duecento banane al giorno. Diamine, me ne servono di piú, tant'é, lo dico a Mario, che abbastanza stupidamente, o portoghesamente mi chiede "ma non hai provato a prelevare 2 volte"? Che babbo. Stavolta peró non sono io il bobaz, stavolta é Mario. Che comunque mi sa che si chiama Mario Yisrael Yeshoua, dato l'attaccamento al dinheiro che ha. Peró non ha il naso aquilino. Indagheró. Ci diamo appuntamento per il giorno dopo, mi dice che abita a Restauradores e che ci incontreremo lí. Interessante, come se un locatario a Torino mi dicesse che abita in via Po. Se non é judeu, é un armeno. Armeni... chi sono? Ah, dei tritamaroni tipografi del '700 ottomano, a quanto mi risulta non esistono piú, gli ultimi discendenti dovrebbero essere i "Sistema di un diversamente abile", ma non sono sicuro. Tant'é, ora che ho le chiavi della mia casinha portuguesinha rientro felice e pasciuto a casa e... milagre!! Os espanhois non ci sono piú! Hanno capito sicuramente che aria tirava e sono scappati.. vigliacchi. Tanto li ribecco. E non avró pietá BWUAHAHAHAHA... scusate.
La casa é mia! Mario mi disse che sarei stato solo per qualche tempo, giusto per trovare un altro allocco per propinargli una stanza, ma tanto meglio. É tardi, sono le 20 passate, devo mangiare. Giusto il tempo di vedere che nel frigo c'é solo una birra, beh, dico io, uma cerveja é uma refeição para campeões, ma il mio insert insulinico potrebbe non essere proprio convinto. Vabbé, ristorantino per stasera. Ne trovo uno dietro casa, ci entro. vedo che all'ingresso ci sono due tipi del genere azz se devo usare uno stradario per un ristorante... e sullo stradario c'é scritto "Lisbona". Chiaro. Altri fulminati italianofoni. Entro e penso che vorrei un ottimo bacalhau, non l'ho ancora mangiato d'altra parte. Purtroppo sembra non esserci. C'é solo una roba tipo "teste di baccalá ripiene bollite non lo so non mi ricordo", ma le cervella non sono di certo il mio piatto preferito. Mi prendo una bistecca con un uovo sopra, riso e batatas fritas. Scenetta piacevole: l'oste chiede ai turisti italianofoni se vogliono arroz. Lui lo guarda con l'occhio tra l'interrogativo e il "sono una scimmia". Lei chiede in italiano: "É riso? Sí é riso!". Marzulliana. Mi giro e dico, sí sí é riso, lo puoi mangiare (e intanto penso: babba spero ti porti pece). Chiedo da dove vengono. Lui: Perugia, hai presente dove sia? Scimmia del catzo, certo che so dov'é Perugia. Lei ride. Rispondo che sí so dov'é, e che sono di Milano, studente in Erasmus. Auguro buon divertimento, meglio chiuderla. L'oste mi si avvicina e portoghesamente mi chiede se fossero inglesi o francesi. Não, são italianos. Ah, ok, e se ne va perplesso. Non mi sento molto onorato, ma in fondo l'oste é proprio simpatico. Mangio bene, mi prendo una buona cerveja Sagres, um café, pago il conto di 9,9 banane. Bravo oste, sei simpatico e ho mangiato bene, ti lascio undici euro. il 10% del conto come mancia lo prendono solo al Biffi Scala, tu non lo sai ma ti ho molto onorato. Casa... il mio intestino reclama il tributo, evacuatio imminens, via di corsa. Alt: non c'é la carta da culo. Vabbé, avranno lasciato os ladrões espanhois un rotolone mezzo finito, dei fazzoletti per il naso, qualcosa. Cerco disperato. Niente, non c'é niente. No, non é possibile. Guardo, apro cassetti, il frigo, il freezer alla ricerca di un po' di cellulosa... niente. Ma improvvisamente mi é apparso tutto chiaro: gli spagnoli ladroni biforcuti non usano la cartacula. Loro... vanno in giro cosí, fieri dei loro umori e prodotti. Poverini. Tanto vi stermino. E Monica, sappi che mi spiace: ti avrei salvato forse per la tradução em ingles dei discorsi di Mario, ma questa storia ti condannerá. Sí perché oltre al danno la beffa. Nella disperata ricerca di papel higienico, non ho fatto altro che trovare sacchetti. Di ogni genere e tipo, da supermercato, da spazzatura, da cestino, rotoli di sacchetti, rotoli di pellicola, insomma ogni forma di plastica conosciuta su questa terra che assomigliasse un po' ad um saquinho. Allora ho capito: os espanhois si puliscono con la plastica. Incivili... avró la mia vendetta.
Come é finita la questione non ve la racconto perché mi sembra troppo osé, diciamo che lascio alla vostra immaginazione, ma atenção perché é per stomaci duri. Sta di fatto che la serata finisce cosí, con me che scrivo amenamente su faccialibro le mie avventure, bevendo dell'ottima Super Bock lasciata dai barbari ops spagnoli, pronto per andare a dormire. Una giornata impegnativa mi aspetta: andare a fare un abbonamento alla metropolitana, passare dalla mia Beatrice perché mi ha provvidenzialmente recuperato una prolunga, andare a Restauradores da Mario. Ma soprattutto ci sará da fare la spesa, cosa in cui non sono particolarmente ferrato, e prima ancora trovare un supermercato. Perché un indiano che vende frutta e bibite - il perché di questa associazione non l'ho ancora capito - ce l'ho davanti casa, ma uno che mi venda papel higienico non so ancora dove sia.
Lo scopriremo nel prossimo capitolo, intitolato UM DIA DE TRANSIÇÃO ENTRE A CASINHA E A UNIVERSIDADE, OU PARA RATO À CAMPO PEQUENO. À saúde!

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